venerdì 23 novembre 2012

"Mamma Coldiretti"

"vampira" dei suoi adepti!!!!!

 

 Estrapolato da "FUTURO MOLISE" 

 

Dalla Coldiretti nessun beneficio per le aziende agricole

Riceviamo e pubblichiamo articolo di Michele Ricci, agricoltore iscritto alla Coldiretti.

Mi presento: sono Michele Ricci, un agricoltore di 40 anni, da sempre iscritto  alla Coldiretti, a dire il vero  mio nonno è stato uno dei fondatori e presidente della sezione Coldiretti di Larino per 23 anni.

Credevo che fosse l’organizzazione che mi potesse aiutare nella mia attività, sia per le pratiche burocratiche sia in tutte le faccende tecniche, fiscali, legali, e soprattutto finanziarie.

Ho fatto grossi miglioramenti aziendali, costruendo nuove stalle per l’allevamento di bovini da carne, e aprendo un punto vendita, per la vendita diretta.

Il momento di crisi, è così forte che mi sta dando grosse preoccupazioni, per onorare i debiti verso i fornitori e gli istituti bancari, la Coldiretti si vantava di aver stipulato accordi con banche e aver costituito un consorzio fidi per dare  fidejussione alle aziende agricole, fatto sta che quando mi sono rivolto alla mia organizzazione, come risposta ho ricevuto dal responsabile dott. Gianfranco De Gregorio: "Vai a giocare al super Enalotto". Quindi il consorzio fidi serve solo a far prendere una percentuale alla Coldiretti senza nessun beneficio per le aziende agricole.

Non voglio dilungarmi a citare tutti i danni che sono stati fatti al settore agricolo, come la chiusura di cooperative, soldi sperperati per l’agrimercato di via 24 maggio a Campobasso, il consorzio agrario smembrato dopo pochi mesi di gestione Coldiretti,e tanti altri misfatti come quote latte e corridoio verde, che hanno ridotto l’agricoltura italiana in miseria.

Voglio portare a conoscenza  il mio caso personale, sapendo che purtroppo non sono l’unico ad aver subito una grave ingiustizia.

Ero debitore nei confronti di Coldiretti, o meglio Impresa  verde, la società di servizi di Coldiretti, per circa sei mila euro, e di circa quattro mila euro con il consorzio agrario, sempre gestito dalla stessa. Ho avuto un pignoramento di conto corrente bancario a luglio e successivamente un pignoramento di attrezzature agricole per un valore di circa 100 mila euro, a inizio novembre avendo le disponibilità ho liquidato impresa verde, con un assegno circolare regolarmente incassato e dopo due giorni mi ritrovo un altro pignoramento di conto corrente.

Questa è l’organizzazione che si vanta di essere a difesa dell’agricoltura,invece salvaguarda solo gli interessi personali e di potere che nulla hanno a che vedere con un agricoltura bisognosa di attenzioni.
 A questa ultima frase, mi collego dicendo che a mio parere i "figli di coldiretti" presenti nei C.D.A delle strutture coop.ve non possono essere considerati che COMPLICI di questo scempio  "coldirettiano", mai un' opposizione vera, mai un vero contrasto, ma sempre in silenzio, solo a pensare a mantenere la propria "poltrona"!!
Qui sotto un esempio, .......come potrà dare reddito agli agricoltori il grano usato per questa pasta???

 

Ormai dovrebbe costare il grano 58 cent. al Kg.!!!

Come "apparire" a spese degli agricoltori!!!

martedì 20 novembre 2012


 

Siamo arrivati alla fine dell'annata agraria

  e si tirano i bilanci!!

Anche nelle mele (2011), come le pesche e nettarine  2012 il nostro "sistema cooperativo romagnolo"
non risulta essere competitivo  con la concorrenza pur sempre cooperativa,

non può essere altro che questione di uomini, ......quelli a capo delle strutture!!
Vanno rinnovati e  va preparata una classe dirigente all'altezza
del loro compito !!

Caro Piraccini (Apofruit), la cooperazione è una gran bella cosa quando funziona, ma ora come ora al contrario di quanto tu sostieni "IL SISTEMA ROMAGNOLO" NON FUNZIONA , manca quell'efficienza fondamentale delle nostre srutture  per essere competitive e quindi non c'è un risultato positivo per le nostre...  "tasche" !!

 

19/11/2012
COOPERATIVA FRUTTICOLA "KURMARK-UNIFRUT" DI MAGRE': PER L'ANNATA 2011 LIQUIDATI IN MEDIA AI SOCI 39 CENT/KG
È andata meglio del previsto l'annata agraria 2011 per i quasi 500 soci della Cooperativa frutticola "Kurmark-Unifrut". Proprio in questi giorni il Consorzio di Magré, che raggruppa agricoltori anche di Salorno, Laghetti, Egna, Termeno, Cortaccia e Cortina, ha reso noto il resoconto dello scorso anno, fissando i prezzi di liquidazione delle mele. La quotazione media di 39 centesimi di euro al kg è stata minore dell'anno precedente, il 2010.
"Questi risultati – ha detto il presidente della Cooperativa di via Stazione, Georg Jageregger – sono stati ottenuti in una annata commerciale difficile che si è un po' ripresa solo verso fine stagione. Comunque io sono soddisfatto perché i nostri soci hanno prodotto frutta di prima qualità e hanno capito che la qualità paga; quindi non hanno avuto tentennamenti nel migliorare le colture frutticole rinnovando le specie, investendo in nuovi cloni e prestando maggiore attenzione nelle operazioni di raccolta. Ora il nostro nuovo obiettivo è ottenere una produzione del 90% di merce di prima qualità. Sono consapevole che sarà un maggior impegno per i nostri soci ma è assolutamente necessario se si vorrà sopravvivere alla crisi economica che ha colpito anche il settore della frutticoltura".
E veniamo ad alcuni dati, i più interessanti: il conferimento totale alla cooperativa "Kurmark-Unifrut" dal raccolto 2011 è risultato di 5.572 vagoni di mele, costituite per l'85,8% di merce per il consumo fresco, per il 3,26% di mele grandinate e il resto industria (mele cadute o danneggiate durante lo stacco).
Il prezzo medio ottenuto è stato di 39 centesimi di euro al kg, contro i 42 del 2010: una flessione quindi del 10%. La mela che ha reso di più per il produttore è stata la Pink Lady del clone Rosy Glow con i suoi 81 centesimi di euro al kg, più del doppio della media magazzino, seguita dalla Pink Lady normale con 71 centesimi.
Buone anche le quotazioni delle varietà Red Chief coltivate in montagna e della Kanzi che hanno spuntato entrambe 51 centesimi al kg.
Seguono la Red Chief collina 49 centesimi, Jazz, Fuji e Summered 46 centesimi, Stark Delicious montagna 45 centesimi, Red Chief e Gala rosse 44 centesimi.
Le altre varietà più diffuse, come Granny Smith, Morgenduft e Braeburn hanno spuntato rispettivamente 38, 36 e 30 centesimi di euro al kg.
In generale, le quotazioni medie delle mele della Cooperativa "Kurmark-Unifrut" sono in linea con gli altri consorzi della Bassa Atesina. Il rendiconto finale sarà discusso nel corso dell'annuale assemblea dei soci della cooperativa di Magré prevista per lunedì 26 novembre alle ore 17 presso la casa "Karl Anrather". Sarà un'occasione importante per parlare anche delle prospettive di un settore importante com'è quello della frutticultura in Bassa Atesina e Oltradige, anche a fronte di un mercato esigente.

Fonte: Alto Adige Gelocal


 

ROMAGNA: "PESCHE E NETTARINE SOTTOPAGATE AI PRODUTTORI"

Inserito Lunedì, 27 agosto, 2012 - 12:51 In Romagna le pesche e le nettarine che arrivano alla Grande distribuzione organizzata vengono pagate poco ai produttori. E la liquidazione è uguale al di là del prezzo di vendita. Lo si evince analizzando i dati di Oppa, l’Osservatorio dei prezzi della frutta della provincia di Forlì-Cesena. A spiegarlo è l’assessore provinciale all'Agricoltura Gianluca Bagnara.
"Lungo la filiera produttiva dell’ortofrutta - sostiene  nella presentazione del sito - esistono numerosi colli di bottiglia che impediscono un trasparente rapporto fra il produttore e il consumatore finale non solo per il prezzo, ma anche per la gestione della qualità e dell’offerta sugli scaffali. Il paradosso è che anche nel distretto più vocato alla produzione di ortofrutta, quale è appunto il territorio romagnolo, il consumatore abbia difficoltà a orientarsi nel mercato e a trovare il prodotto locale".
L’assessorato alle politiche agro-alimentari della Provincia di Forlì-Cesena rileva settimanalmente in un campione di 12 punti vendita i prezzi al consumo di un paniere di prodotti ortufrutticoli significativi e rilevanti per l’agricoltura locale e li confronta con i prezzi al produttore presentati dalla Camera di Commercio.
Gli ultimi dati disponibili, a metà agosto, indicano che pesche e nettarine, bianche o gialle che siano, vengono liquidate in media ai produttori 0,32 euro il chilogrammo. Una cifra molto bassa se la produzione è di qualità Le pesche gialle, ad esempio, sono messe in vendita sugli scaffali dei negozi a 1,74 euro se sfuse, a 1,31 euro il chilo se in cestini. Ma al produttore vanno sempre i soliti 0,32 centesimi di media.
Molto più clamoroso il caso delle pesche bianche che sono quotate di più e il consumatore in genere le cerca per il profumo più intenso e il sapore più dolce. Nei banchi del supermercato sono pagate 2,08 euro il chilo ma, al produttore, più di 0,32 euro non vanno. Stesso concetto per le nettarine gialle: 1,78 il prezzo di vendita del prodotto sfuso, 1,34 nei cestini, 0,32 euro all’agricoltore.
Questi numeri (presi per validi) portano a una riflessione, condivisa da molti operatori del settore: il mercato si assesta a un valore, che quest’anno è attorno a 0,32 euro il chilo, e poi si appiattisce su quella cifra. La Gdo, anche se vende certi articoli a prezzo maggiore, non riconosce all’agricoltore nessun valore aggiunto. Se l’agricoltore continua sommessamente su questo binario, guadagnerà sempre meno. Attualmente il mercato paga bene i grossi calibri ed è su quello che si deve puntare. Meglio produrre 200 quintali l’ettaro (con frutta di grosso calibro) a un euro di media al chilogrammo piuttosto che 450 quintali a 0,32 euro di media. E poi gli agricoltori devono scegliere consapevolmente a quali canali commerciali conferire il proprio prodotto: non sta scritto in nessun vangelo che se 30 anni fa una tipologia di struttura era adeguata, lo debba essere anche nel 2012. (fonte: Corriere di Romagna)

sabato 10 novembre 2012

 Polo o "pollo" romagnolo dell'ortofrutta???

Prendendo informazioni sul contenuto dell'articolo sottostante e avuto conferme che si parla del "niente", non resta da pensare che siano polli chi ci crede e incominciano a pensare, che .  "non inizieranno ad essere  dei "polli"  anche questi se pensano che ci crediamo???

  POLO ROMAGNOLO, SFIDA ALLA SPAGNA: "EXPORT, AGGREGAZIONE, INNOVAZIONE"

Inserito Lunedì, 5 novembre, 2012 - 11:10
Il fattore "export" come arma vincente per battere la concorrenza spagnola. L'ortofrutta romagnola lancia la sfida al Paese iberico, uno dei principali concorrenti, per conquistare nuove quote di mercato oltreconfine. Non solo in Germania, storico sbocco, ma anche in Gran Bretagna, nei Paesi dell’Est Europa, per arrivare a Cina e Stati Uniti.
Ad esserne convinto è Mauro Tonello (foto in alto), presidente di Coldiretti Emilia Romagna, intervistato da IlSole24Ore. “Siamo tra i maggiori produttori d’Europa - afferma Tonello - e vogliamo affermarci di più anche oltreconfine. L’export è l’arma su cui puntare per trovare un equilibrio tra produzione e consumi. Dobbiamo vincere la scommessa di abbattere costi di lavorazione più alti di quelli spagnoli, così come quelli relativi al packaging e ai trasporti”.
L’export sui mercati finali del distretto ortofrutticolo romagnolo ha sfiorato i 480 milioni di euro nel 2011 ed è in ulteriore crescita quest’anno. Ora si deve superare il gap della polverizzazione aziendale. Le aziende ortofrutticole romagnole hanno infatti una dimensione media di 1,9 ettari, contro i 2,8 della Spagna e i 5,2 della Francia.
“Dobbiamo puntare su una doppia strategia - dichiara sempre a Il Sole 24 Ore Davide Vernocchi, presidente di Apo Conerpo (nella foto a fianco) - per superare la penalizzazione dovuta ai costi della manodopera, dell’energia e alle barriere fitosanitarie di Paesi come gli Usa: aggregazioni, per fare massa critica e contenere i costi, e investimenti in ricerca e innovazione, per essere competitivi a livello globale”.
Il polo romagnolo potrà sicuramente giocare la carta della credibilità sul piano dei controlli sanitari e della rete logistica. “Abbiamo vantaggi che ci rendono più adeguati a competere sui bacini oltreconfini - spiega l’economista agrario Gianluca Bagnara - e ora si tratta di recuperare quote di mercato con alcune parole chiave: organizzazione e specializzazione delle filiere produttive”.

sabato 3 novembre 2012



DEDICATA AI NOSTRI RAPPRESENTANTI E DIRETTORI COMMERCIALI!!

 

 

 LA NOSTRA RISPOSTA ALL'ENNESIMO ENTE CHE SI è CREATO (OI DELLE PERE), MA CHE GIà 

ACCENNA A SEGNALI DI FUMO ....SENZA ARROSTO!


TUTTO QUESTO NELLE PAROLE DI UN CONSIGLIERE DELL'INTERPROFESSIONE 
PERE CHE SI LAMENTA DELLA GDO.
SE è VERO CHE AVETE AGGREGATO IL 70% DELLA PRODUZIONE FATEVI FORZA CON QUESTO, MA VI DOBBIAMO INSEGNARE PROPRIO TUTTO?!?!

 

 PERE, FERRI: "LA GDO DEVE ASSEGNARE ADEGUATI PREZZI ALLA PRODUZIONE"

Inserito Lunedì, 29 ottobre, 2012 - 12:02
Quest'anno ci saranno poche pere sul mercato, anzi pochissime. Un raccolto che in alcune zone sarà quasi dimezzato rispetto al 2011 e con pezzature piuttosto piccole. Non mancano i commenti preoccupati di diversi operatori in merito alle consueguenze negative che tale fenomeno potrebbe avere sull'annata. Tra questi c'è Gabriele Ferri (nella foto), direttore generale di Naturitalia.
“I cali registrati sono preoccupanti. Rispetto al 2011 – conferma Ferri al Corriere Ortofrutticolo – stimiamo un -40% e un -15-16% rispetto alla media degli ultimi 5 anni. Il dato che complica notevolmente le cose è quello dei calibri, nettamente inferiori alla media”.
“Sull’Abate per esempio – spiega il direttore di Naturitalia – i quantitativi con calibri sotto il 65 sono poco più di un quarto (26-27%). Con i prezzi fatichiamo a creare reddito ai produttori. Vorremmo che le quotazioni aumentassero ma il mercato fatica a recepire gli input che arrivano dalla produzione. Il prodotto ad ogni modo è di alta qualità”.
Ma il leitmotive rimane quello: “La gdo deve rendersi conto della bassissima produzione e dare l’adeguato valore e prezzo alla produzione”. “Mancando prodotto in tutta Europa si spera che la richiesta sia più alta – aggiunge Ferri – anche sui calibri piccoli”.
Secondo il manager emiliano-romagnolo nonostante la scarsità di prodtto la disponibilità di pere non dovrebbe essere un problema, “almeno fino ad aprile, mentre si potranno avere delle difficoltà a maggio. Ciò che conta però sarà il prezzo, su cui serve maggiore attenzione rispetto alle annate passate. Assisteremo a una forte pressione sulla merce con calibri più piccoli. Il rischio è che non ci sia una giusta remunerazione dei produttori che invece vanno difesi. Tuttavia con una giusta informazione alle catene della grande distribuzione sono convinto si possano ottenere comunque buoni risultati".
"L’importante – conclude Ferri – è non pensare a pressare il mercato europeo ma andare alla ricerca di nuovi mercati extra Ue. In particolar modo sull’Abate si devono portare avanti iniziative che ne incentivino l’esportazione sui mercati emergenti, a partire dall’Asia. Quest’annata può essere la giusta occasione per preparare il terreno per le prossime stagioni in cui, grazie anche al contributo dell’Oi pera, si potrà davvero creare un sistema Italia in grado di esportare la nostra pera”.
Emanuele Zanini
emanuele.zanini@corriereortofrutticolo.it

Nel numero di ottobre del Corriere Ortofrutticolo ampio servizio dedicato alle pere



giovedì 1 novembre 2012

La strategia dell'azienda Minguzzi

In frutticoltura, per mantenere un margine occorre ridurre ulteriormente i costi di produzione



Durante l’ultima edizione di Macfrut, Anna Maria Minguzzi  della Minguzzi Spa Consortile di Alfionsine (RA), ha presentato un'interessante relazione relativa ai costi di produzione in frutticoltura. FreshPlaza ne riporta le parti essenziali. 

"Presente in Romagna da oltre 50 anni, la nostra azienda abbraccia tutti i settori della filiera ortofrutticola del fresco: dalla produzione, alla lavorazione del prodotto finito, fino alla consegna diretta alla GDO. Come la maggior parte delle aziende del nostro settore, abbiamo iniziato lavorando e vendendo il prodotto ai mercati all'ingrosso che, a loro volta, rivendevano al distributore finale, fosse questo il negozio di varia tipologia e dimensione piuttosto che il mercato rionale". 

"Il prezzo di vendita cambiava secondo la pezzatura, la stadio di maturazione e i difetti di buccia o di polpa del frutto. Questo modo di lavorare permetteva a tutti gli attori della filiera, pur essendo numerosi, di guadagnare", ha affermato Anna Maria. 

"La PLV (produzione lorda vendibile) variava solo in funzione dell'eventuale mancanza di produzione o dei difetti del frutto e l'azienda agricola, che aveva una maggior certezza del prezzo di vendita, poteva programmare gli investimenti negli anni successivi, sulla base delle proprie risorse".

Dalla fine degli anni '80, però, due nuovi trend, in particolare, hanno determinato un progressivo cambiamento del settore: una accresciuta attenzione per la salute e la corretta alimentazione e, in contemporanea, l'avvento e il repentino imporsi sul mercato della Grande distribuzione organizzata (GDO).

"Questi due fattori – ha continuato Anna Maria Minguzzi - hanno portato, da una parte, a maggiori esigenze di qualità e salubrità da parte del mercato e del consumatore e, dall'altra, a una sempre più marcata forza economica e contrattuale della GDO, la parte che, di fatto, oggi definisce il prezzo finale del prodotto". 

"Il prezzo, infatti, viene determinato tenendo conto delle esigenze e programmazioni della GDO, piuttosto che dei costi dell'intera filiera, tanto che - soprattutto per alcune categorie - il prezzo destinato al produttore risulta spesso decisamente inferiore al puro costo di produzione". Per Anna Maria Minguzzi, quindi, il problema del prezzo non può dunque imputarsi esclusivamente alla lunghezza della filiera, essendo essa, al contrario, più corta rispetto agli anni precedenti.


L'esigenza di un prodotto sempre più sicuro e rispondente alle richieste del consumatore ha portato alla definizione - da parte della stessa GDO e degli organismi che controllano e organizzano la parte produttiva - di disciplinari di produzione ben definiti, indicanti le metodologie di coltivazione del frutteto, le caratteristiche organolettiche e i residui minimi che devono essere rispettati nel prodotto, con la prospettiva di trovare uno sbocco economicamente più soddisfacente a fronte di costi di produzione maggiori, seppur attenuati dai contributi europei.

"Negli anni - ha proseguito Anna Maria - i disciplinari definiti dalla GDO sono diventati la condizione sine qua non per essere inseriti nella lista dei suoi possibili fornitori, ma senza certezza e tanto meno senza avere il surplus economico promesso inizialmente. Contemporaneamente, i contributi comunitari a supporto del settore si sono fatti sempre più esigui ed erogati con eccessivo ritardo".

"La mia azienda ha seguito la linea tracciata dalla GDO, dalla Comunità europea e dalla Regione Emilia-Romagna e riesce ad offrire il prodotto con i requisiti richiesti dalla GDO a un prezzo superiore, seppur di poco, al costo di produzione. Ma prezzi livellati o addirittura inferiori ai costi di produzione - ha avvertito Anna Maria - causano ingenti perdite nella gestione annuale delle aziende agricole e obbligano i produttori a utilizzare linee di credito sempre più onerose, per realizzare rinnovi e investimenti".

"A fronte di questa situazione, ormai assestata su prezzi troppo bassi, la Minguzzi ha deciso di investire sulla realizzazione di impianti frutticoli che consentano una maggiore omogeneità produttiva e l'uso di metodologie di coltivazione mirate a un abbassamento dei costi di produzione", ha puntualizzato Anna Maria.

Questo programma ha portato l'azienda Minguzzi innanzitutto ad adottare impianti a sviluppo verticale: il Fusetto al posto del Vasetto per quanto riguarda le drupacee, lo Spindel invece della Palmetta classica e la Palmetta in volume per le pomacee. 

Inoltre, è stato preferito l'utilizzo di macchine e attrezzature che consentano un più razionale impiego della manodopera, quali: 
  • carri da raccolta al posto delle scale
  • atomizzatori concentrati fino a 10 volte al posto dei normali atomizzatori, con un risparmio di circa il 30% sul costo della lotta: da 6 a 4 centesimi nelle drupacee e da 12 a 15 centesimi nelle pomacee 
  • trenini per la raccolta (nella foto sotto), al posto dei normali carretti, con un risparmio dei costi di raccolta del 25% per la pera Abate, da 200 a 250 kg/h, con un risparmio medio di raccolta pari a 5 centesimi al chilo
  • macchine per la raccolta meccanizzata dei prodotti indirizzati all'industria: fino al 50% dei costi nella raccolta dell’uva da vino 
  • Darwin per il diradamento meccanico.
"La macchina Darwin, usata quest'anno nella maggior parte dei nostri appezzamenti di pesche e nettarine, ha consentito un risparmio medio del 20% del costo totale e l'ottenimento di un prodotto di pezzatura maggiore, in quanto l'operazione viene effettuata in tempi notevolmente anticipati, rispetto a un diradamento completamente manuale", ha avuto modo di spiegare Anna Maria, aggiungendo: "Con impianti più adatti alla meccanizzazione, il risparmio potrebbe essere ulteriormente incrementato fino al 50%, corrispondente mediamente a circa 3 centesimi al chilo".

"All'interno delle nostre aziende - ha concluso Anna Maria Minguzzi - abbiamo anche fatto alcune prove di potatura meccanica. Sono certa che nei prossimi anni dovremo perseguire questa tecnica per ottenere un risparmio, rispetto alle operazioni manuali, di oltre il 70% del costo attuale e corrispondente a circa 6-7 centesimi al chilo".

Ovvero 

 Bisogna cambiare mentalità, pensare da impresa, va bene si diminuire i costi ma bisogna pensare ad un vero marketing per la commercializzazione, l'esportazione e conquistare i mercati vecchi e nuovi e sopratutto cambiare l'OCM!!!